martedì 30 novembre 2010

Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni di Woody Allen

Leggendo sulla locandina la frase “Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni” inevitabilmente si creano delle associazioni di tipo sentimentale e ci viene un bel dubbio che quel geniaccio pessimista di Woody Allen abbia voluto con la sua ultima fatica celebrare romanticamente l'amore. Come facilmente intuibile per gli alleniani più affezionati, le intenzioni del regista newyorkese sono sensibilmente diverse: consapevolizzare gli individui e riflettere sul ruolo centrale che le illusioni hanno nei processi decisionali e comportamentali nella vita delle persone. Infatti, il titolo prende spunto beffardamente da una di quelle frasi standard pronunciate con fare mellifluo da cartomanti e sedicenti sensitivi che affollano – sfortunamtamente – le nostre città. Proprio una di queste “maghe” (Cristal, interpretata da Pauline Collins) viene coinvolta per disperazione dalla depressa Helena (Gemma Jones) fresca di abbandono per volontà di suo marito Alfie (Anthony Hopkins), anziano ringalluzzito e intenzionato – tra jogging intenso e trattamenti di bellezza – a riposizionarsi socialmente cercando emozioni più intense. Contemporaneamente seguiamo le vicende coniugali della loro figlia Sally (Naomi Watts) e di suo marito Roy (Josh Brolin), un inquieto e irritabile scrittore in crisi, alle prese con il velleitario tentativo di pubblicazione del suo nuovo libro. A chiusura della trama e del cast stellare, si aggiungono il gallerista-datore di lavoro della donna (Greg, impersonato da Antonio Banderas), una misteriosa e affascinante vicina di casa di nome Dia (Freida Pinto) e la nuova provocante partner di Alfie dal nome profetico: Charmaine (Lucy Punch), un'oca dal passato (?) equivoco. Dopo lo scoppiettante “Basta che funzioni” era preventivabile che il ritorno in Europa con la quarta trasferta londinese del regista non ci avrebbe consegnato un film altrettanto riuscito. L'impianto è quello collaudato: voce fuori campo a immergere lo spettatore nel vivo della narrazione e a coinvolgerlo emotivamente negli eventi, personaggi ben delineati, dialoghi pragmatici e clima disfattista sullo sfondo. La sensazione, però, è che manchino la lucidità e lo sguardo icastico grazie ai quali solitamente un film di Allen può decollare; qui non non si prende il volo, anzi, con il passare dei minuti la storia perde di brillantezza rivelandosi troppo ordinaria, abusata e talvolta stucchevole (per via dei tanti: “Cristal ha detto...” pronunciati da una Helena completamente succube della fattucchiera). Malgrado ciò, grazie a degli attori straordinari, la commedia è capace di sorprendere in qualche occasione e contiene delle sequenze efficaci, oltre a una qualità delle battute controllata e garantita dal marchio di fabbrica. Attendendo fiduciosi l'uscita del nuovo Allen intitolato “Midnight in Paris” (con la chiacchieratissima partecipazione di Carla Bruni, ndr), tutto sommato un discreto lavoro grazie al quale non avremo incontrato il regista dei nostri sogni, ma un'artista con ancora qualche freccia nel proprio arco certamente sì.

Voto: 6,5

venerdì 26 novembre 2010

We Want Sex di Nigel Cole

Del problema riguardante la condizione delle donne - storicamente penalizzate nella struttura sociale - è rimasta soltanto qualche eco nella società industriale moderna: difficoltà a ritagliarsi ruoli di direzione aziendale e pressione psicologica subita da parte di alcuni malintenzionati che offrono lavoro in cambio di favori sessuali, sono le questioni sul tavolo dell'attualità. Ciò nonostante, i produttori Elizabeth Karlsen e Stephen Wooley hanno deciso di realizzare "We Want Sex", da un episodio di cronaca inglese del 1968: nella fabbrica-città Ford di Dagenham (55mila dipendenti, quasi tutti uomini) lavorano alla cucitura dei sedili anche 187 coraggiose signore che a un certo punto decidono di ribellarsi perché stanche di portare il fardello della discriminazione sessuale. Per il progetto è stato ingaggiato il regista Nigel Cole e formato un cast di tutto rispetto che annovera Sally Hawkins (attrice feticcio di Mike Leigh con il quale ha girato anche "La felicità porta fortuna - Happy Go Lucky") nel ruolo della protagonista Rita O'Grady, Bob Hoskins (memorabili le sue interpretazioni in "Mona Lisa" e "Il viaggio di Felicia"), Miranda Richardson ("Il danno", "Il mistero di Sleepy Hollow", "Spider") e Rosamund Pike ("Orgoglio e pregiudizio" e in uscita a Gennaio con "La versione di Barney"). La storia, seppur di grande importanza storica per il riconoscimento dei diritti e la successiva legge ad hoc sulla parità di retribuzione, non ha grande presa in quanto appunto anacronistica e appartenente a un'epoca che percepiamo distante secoli da quello che tutti i giorni incontriamo negli uffici e nelle strade del mondo civilizzato. È altresì vero che il cinema attinge spesso dal passato; quindi, probabilmente è il modo in cui viene raccontata la vicenda a renderla melensa. Rita emerge dal suo alloggio popolare di provincia e viene designata leader a capo della protesta (spalleggiata dai sindacati) che mette in seria difficoltà i dirigenti Ford, costretti a negoziare per la prima volta degli accordi al femminile. La situazione però si inasprisce, si ferma la produzione e iniziano a fioccare i licenziamenti per i colleghi uomini (avvenimento – sciaguratamente poco approfondito nella pellicola); questo provoca tensioni domestiche tra mariti e mogli e rappresenta una nuova minaccia al desiderio di uguaglianza delle operaie. Il film sembra virare verso territori più consoni alla realtà delle cose e per qualche minuto – quando entrano in gioco gli interessi economici nazionali – si ha l'illusione che si possa scacciare il prevedibile e dolciastro happy end, ma grazie all'intervento dell'energico Ministro del Lavoro Barbara Castle questo non accade. Non riescono né lo humour inglese (si ride poco, a dire il vero) né la bravura degli attori a tenere in piedi una narrazione che scivola più volte nel corso delle sue quasi due ore di durata: le gratuite e didascaliche sequenze a rimarcare lo slogan “We want respect” che riguardano il maestro autore di maltrattamenti con la bacchetta nei confronti dei suoi giovani alunni e l'amicizia con la colta moglie di un boss Ford trattata da quest'ultimo alla stregua di una colf, la goffa scena del pignoramento del frigorifero alla prima rata non pagata, il pretestuoso suicidio del marito di una operaia (era proprio necessario?) costituiscono una serie di indizi che rappresentano la prova di non riuscita. Insomma, we want better movies.

Voto: 5