Voto: 5,5
venerdì 13 maggio 2011
Il primo incarico di Giorgia Cecere
Il primo incarico è anche quello di Giorgia Cecere che dopo gli anni di studio sotto l’egida professionale di Gianni Amelio e dopo aver scritto alcuni film per Edoardo Winspeare arriva all’esordio alla regia. La storia, concepita insieme a Xiang-Yang e Pierpaolo Pirone, è ambientata nella provincia pugliese nell’Italia degli anni 50 dove una giovane di nome Nena (Isabella Ragonese) decide di separarsi dal suo principe azzurro borghese per trasferirsi in un piccolo paese dell’entroterra dove inizierà a lavorare come maestra in una scuola elementare. La ragazza è determinata, vuole dimostrare il suo valore a se stessa e all’innamorato, non intende sedersi sugli allori di una vita agevole; anche perché proviene da una famiglia umile e, in cuor suo, vorrebbe fornire prova di meritarsi la convocazione negli eleganti salotti dell’alta società. Giunta in un paese tanto incontaminato quanto arcaicamente rappresentativo di un certo contesto socio-culturale rurale, dove l’unico modello possibile per la donna è di serva dell’uomo-padrone, Nena s’imbatte in uno scenario desolante fatto di tuguri, persone invisibili e un silenzio rotto solo dal vento. Un giorno arriva la lettera dell’amato Francesco che le confessa di essere in viaggio con un’altra donna e per Nena è un colpo duro che la condurrà in modo penoso a legarsi a un ragazzotto del paese. La vicenda non è priva di senso critico né accomodante con la protagonista, ma non si dipana efficacemente e mostra parecchie smagliature narrative nella sua evoluzione: il matrimonio con Giovanni, indotto per mantenere la cattedra, in un certo senso contraddice la personalità di Nena e quel desiderio di emancipazione iniziale. La ragazza, non solo si trova a condividere passivamente la vita con uno sconosciuto (per di più, un prototipo esemplare di maschio meridionale primitivo del tempo: irrispettoso, rozzo, ignorante) ma addirittura sembra compiaciuta e comincia ad apprezzare l’uomo grazie a degli episodi impalpabili (vedi quando lui le lancia un monito dissuadendola dal far cercare gli alunni tra i campi perché ci sono “i serpi”). In generale, la decisione di utilizzare quasi tutti attori non professionisti, alla lunga si paga con un risultato non all’altezza del cast tecnico, in gran parte della narrazione fuori traiettoria e privo dell’incisività necessaria ad aggiungere il giusto pathos che, al contrario, elargisce la Ragonese: la sua interpretazione è inappuntabile per intensità e delicata identificazione nel personaggio. Peccato, perché la regista mostra un talento non comune lasciando trasparire con rigore una tecnica espressiva classica che affonda le sue radici in certo cinema neorealista e un’accurata ricerca visiva grazie alla quale dipinge poeticamente l’affascinante location pugliese. Rimane un esordio interessante, ma poco a fuoco nel cercare di districarsi tra sentimentalismi in stile mèlo, ricostruzione storica, riflessioni sulla condizione umana, sguardo documentaristico, echi western e (mancata) rivalsa femminista. Attendiamo speranzosi il prossimo incarico.
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