Come Billy Wilder si ispirò a una sequenza di Breve incontro (David Lean, 1945) per sviluppare la sceneggiatura del capolavoro L’appartamento, il giovane inglese J Blakeson ha tratto spunto da una scena all’interno di Ransom – Il Riscatto (Ron Howard, 1996) per firmare il suo esordio La scomparsa di Alice Creed; un thriller a costo ridotto con tre soli attori e una location che caratterizza 4/5 della sua durata.
Vic (Eddie Marsan) e Danny (Martin Compston) si sono conosciuti in galera e hanno preparato un piano criminale: rapire Alice Creed (Gemma Arterton), figlia di un facoltoso uomo d’affari cui per il rilascio intendono chiedere due milioni di sterline; altrimenti la uccideranno senza scrupoli.
L’inizio della pellicola è serrato, con i due uomini che preparano meticolosamente un appartamento-prigione, sequestrano la vittima scaraventadola in un vecchio furgone e la immobilizzano in stile sadomaso a un grande letto dentro una stanza buia.
Rifacendosi all’atmosfera di alcune grandi pellicole del passato come Shining (Stanley Kubrick, 1980) e Repulsion (Roman Polanski, 1965), il regista – autore anche della sceneggiatura – vuole infondere un profondo senso di angoscia nello spettatore, rinchiudendolo tra i muri della casa insieme ai protagonisti e mettendolo in connessione con i loro tratti psicologici, cercando nondimeno di trasmettere l’intensità e il ritmo adrenalinico distintivi del genere cinematografico. Un’operazione che non sempre riesce in modo efficace poiché i profili comportamentali di Vic (nevrotico e severo come il sergente istruttore di Full Metal Jacket) e Danny (che appare smidollato e succube del socio) risultano un po’ esasperati rendendo il loro rapporto surreale e il racconto non privo di forzature narrative (emblematiche in questo senso le sequenze riguardanti il bossolo: prima dimenticato ingenuamente per terra, poi riguadagnato con un numero da circo, dopodiché inghiottito per due volte come un’aspirina). Inoltre, pare che tra i due uomini esista anche un legame passionale, ma è un aspetto che risalta qua e là senza un adeguato approfondimento. Sembra quasi che Blakeson abbia ecceduto con la creatività in fase di scrittura arricchendo il copione con scene e dialoghi certamente interessanti, ma allo stesso tempo un po’ sconclusionati e non perfettamente funzionali al racconto.
Il personaggio che probabilmente esce meglio dal terzetto è Alice Creed, interpretato da una Gemma Arterton (ammirevolmente) brutalizzata per l’occasione e la cui parte si evolve da vittima vulnerabile a donna coraggiosa e fine stratega.
In definitiva, un’opera prima di belle speranze, che senza le sopra citate incongruenze e cadute di tono poteva probabilmente candidarsi al titolo di miglior esordio dell’anno; allo stato attuale, spiace dirlo, la sensazione di un’occasione persa è forte. Tuttavia, gli appassionati del thriller troveranno sufficiente tensione e imprevedibilità per non lasciarselo sfuggire.
voto 5,5