venerdì 18 giugno 2010

Le quattro volte di Michelangelo Frammartino

"Abbiamo in noi quattro vite distinte e
dobbiamo quindi conoscerci quattro volte
."
(Testimonianza di scuola pitagorica)

Uomo; animale; vegetale; minerale. Quattro entità che rappresentano il concept su cui ha lavorato Michelangelo Frammartino (milanese con cuore calabrese, classe 1968) per il suo 2° lungometraggio che narra di altrettante piccole storie emblematiche della vita in una Calabria fuori dal tempo.
La figura del vecchio pastore, nella sua dimessa e isolata quotidianità, che si tiene in vita assumendo una "magica" soluzione di acqua e pulviscolo raccolto in chiesa (frutto di una credenza pagana); la nascita di un capretto (commovente e al contempo poderosa la sequenza dell'espulsione dal ventre materno), i successivi istanti di esistenza, la crescita e la prima - ed ultima - uscita con il gregge; il solenne abete bianco testimone del silenzio e del tempo che scorre nella vegetazione montanara, fino a quando la popolazione locale lo abbatte per celebrare la Festa della Pita; finita la ricorrenza, l'albero giace al suolo e viene venduto ai carbonai che attraverso un'antica quanto incantata procedura artigianale (sapientemente filmata) trasformano i resti della pianta in un particolare carbone.
Possono 86 minuti di immagini senza dialoghi né colonna sonora risultare appassionanti? Be', certo che sì; a patto che ci si lasci rapire dalla forza e dall'incantesimo delle suggestive inquadrature e si entri attivamente nel microcosmo filmico pulsante di metafisica, spiritualità, antropologia e storia. Frammartino scava a fondo, sembra voler entrare negli esseri e nelle cose filmando le avventure di un minuscolo insetto tra le rughe profonde di un anziano e l'astrusità della polvere, dirigendo sorprendentemente gli animali come fossero attori e utilizzando efficacemente la potenza dei suoni naturali per connettere quattro storie che probabilmente parlano della stessa, identica anima.
Un film di un'intensità visiva rara, da assaporare per riconciliarsi con la vita e con quelle piccole cose che di essa - molto spesso - ci dimentichiamo. Vincitore del premio Europa Cinemas Label come miglior film europeo nella sezione Quinzaine des Réalisateurs al Festival di Cannes 2010.

voto 7,5